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L'ESAME

di Silvano Tontini, 3', 2015

Regia, soggetto, Silvano Tontini; montaggio, Silvano Tontini, Luca Berardi; riprese, Isabella Scarpellini, Andrea Fantini; voce, Silvano Tontini

Produzione Rad'Art Project, Ass. Artèco, Contemporanea Cesena

Il video fa parte di un progetto di Silvano Tontini, omaggio a Renato Serra, articolato in più fasi dal titolo "Renato Serra 2.0, il nastro rosso...#-285"

"L'esame" evoca il dramma di Renato Serra consumatosi nel corso della seconda battaglia dell'Isonzo sul Podgora. Era il 20 luglio 1915. Ci troviamo, idealmente, nel luogo di quella morte oscura e sciupata che Renato aveva presagito nel suo Diario di Trincea. "Così, fra quelle sporche forre, Renato finisce di nascere e il suo pensiero, dagli sconvolti monti, cercherà approdi nella ragione di altri". Protagonista del breve filmato è un nastro bianco su cui l'autore ha trascritto, con inchiostro rosso, l'intero testo serriano "Esame di coscienza di un letterato". Nastro definito da Silvano Tontini "...ectoplasma, per una muta interrogazione alla terrestrità così cara a Renato Serra."

Prolusione a “2.0 Renato Serra”, di Silvano Tontini

“...Senonché oggi tutti sappiamo che non è più questione di studi e di cultura e di storia; è tutta la nostra civiltà che è in gioco, e piuttosto che a illustrare il passato, bisogna pensare all’avvenire...” così scriveva Renato Serra agli albori del secolo appena trascorso, e ancora: “...il nostro cristianesimo, che ha perduto tutto il suo Dio e tutta la speranza, non ha perduto la tristezza e il gusto dell’eternità.” Questo approccio di Renato Serra alla cultura, alla storia, alla religione, bastano a proiettarlo nel crogiuolo della nostra contemporaneità.

Vi è nel suo “Esame di coscienza di un letterato” lo stesso senso nostro di apocalisse imminente, e forse noi siamo ancora e sempre quella “ ...sciagurata gente [...] piccola raccolta di poveri[...]calcolatrice, interessata, invidiosa, vanesia, superficiale, ignorante.”

Uno stanco rituale commemorativo, a un secolo di distanza, mortificherebbe la peculiarità e originalità di questo intellettuale che un giovane Antonio Gramsci, nel ricordarlo in morte, ebbe a definire “l’uomo nuovo dei nostri tempi...”.

Certo non v’è chi non veda la specificità del nostro tempo. Siamo sempre più consapevoli di vivere una transizione permanente per quanto riguarda le conoscenze e le scoperte, ma anche la praticabilità di scambio fra culture. E multiculturalismo-globalizzazione-postmoderno, sono i termini imprescindibili di un melting pot culturale che più che disegnare un progetto unitario delinea un insieme latente di possibilità, un crogiuolo in cui procedere a tentoni facendoci strada in questa colossale mescolanza di mentalità. L’Arte, che è parte integrante del groviglio, ribadisce la propria indemandabile eredità e, sub specie aeternitatis, si riappropria del suo inafferrabile destino. Quanto alla moderna Scienza, con le sue puntuali verifiche sperimentali ha di fatto reso impraticabili le grandi metafore metafisiche che in epoche trascorse consentivano alla nostra cultura occidentale visioni unitarie e finalizzate di Storia e Arte. Oggi l’arte tradizionalmente intesa, legata cioè a paradigmi logori ed esausti, non ha più alcuna tangenza con questa articolata e inquieta dinamica e l’artista, libero da discipline vetuste e messo alla frusta da un’accelerazione temporale del tutto inedita, si fa interprete di questo coacervo di pezzi di mondo, di questo gioco combinatorio di tradizioni e convinzioni, eterogeneo per storie, razze, credo religiosi e approdi geografici, e misura la distanza fra ciò che stiamo diventando e ciò che per millenni siamo stati.

E così utilizzo anch’io forme “artistiche” rese praticabili dalla ormai centenaria rivoluzione Duchampiana in questo lavoro su Renato Serra, che vuole essere un omaggio a questo giovane letterato di genio, uomo complesso e solitario, che proprio in quella temperie morì tragicamente. E’ un lavoro, il mio, che tenta un dialogo impossibile con l’enigma di quell’ “autoritratto ai confini della vita” che è il suo “Esame di coscienza...”.

Trecento passi, poco più poco meno, 285 metri misurati, conta la rampata di ciottoli che Renato Serra, nella sua Cesena dei primi del Novecento, percorreva in uggiosa meditazione risalendo il colle Garampo fino a Porta Montanara, a tentare forse un rito conciliatorio fra i grumi foschi del suo pensare alla guerra, e la lucentezza tranquilla delle cose dintorno; e 285 metri misura il nastro di raso bianco su cui ho trascritto con inchiostro rosso l’intero te sto de l’Esame di coscienza di un letterato, il grido silente che Renato, in partenza per il fronte, affidò a Giuseppe De Robertis e che questi pubblicò su La Voce il 30 aprile 1915. Di li a un po’, quando Serra aveva appena 31 anni, la Grande Guerra avrebbe chiusa la sua densa e fulminea vicenda terrena.

Vi sono nel testo dell’Esame parole alle quali sembra non bastare lo spazio della pagina. Trascriverle sul nastro è stato come dargli respiro e un po’ riconsegnarle al vento delle idee ed è attorno a questo nastro che si incardina quest’opera che ho titolato “2.0-Renato Serra il nastro rosso...#-285. Un lavoro che si alimenta del potere evocativo dei luoghi che Renato ebbe cari perché necessari al suo spirito; quella sua terra di casa che nel “tempo dell’angoscia e della speranza” si popolò di vaghe ombre e fantasmi, le stesse che come un tremore dell’anima dilagarono per altri paesi e fra genti di altre lingue e sogni. Ezio Raimondi definirà Serra un Europeo di provincia.

Il lavoro si articola in tre sezioni:
- La prima , che ho titolato “i demoni di renato”, è un’opera site specific che interviene sulla grande monofora vuota che si apre sulla residua parete della ex chiesa di S.Francesco, adiacente la Biblioteca Malatestiana. Ho immaginato che per Renato, allora direttore della biblioteca, quella presenza incombente e quotidiana fosse come l’ombra di un punto che non voleva guardare ma che si insinuava invitante nell’angolo dell’occhio. In quella livida finestra forse trovava conferma quel suo sentimento del sacro ormai privo di ogni connotazione teologica. Ho creato questa grande vetrata pseudo-gotica come una epifania delle sue ossessioni, il gioco e gli amori. Un leprotto e le scarpe belle di Renato completano l’opera. Qui con arbitraria licenza filologica ho proposto una sorta di rispecchiamento, non del tutto incongruo, fra la deriva catartica e centrifuga dell’adolescente delle "illuminations” Rimbaud e l’implosione dell’eresia senza clamori di Renato Serra. Comuni detonatori l’implacabile scrupolo autoanalitico, la tensione intransigente a conoscersi e a giudicarsi, e la scoperta del magma oscuro e fondo che riposa “nella separatezza e nella finitudine dell’ anima nuda”.

- La seconda sezione ha per titolo “L’esame”, ed è in forma di video.
Podgora, Martedì 20 Luglio 1915 ore 15,30, seconda battaglia sull’Isonzo. Il Tenente di complemento Renato

Serra, nato a Cesena il 5 Dicembre 1884, comandante la 4° compagnia, 11° reggimento fanteria, incontra quella morte “oscura e sciupata” che aveva presagito nel suo Diario di trincea. Così, fra quelle sporche forre, Renato finisce di nascere e il suo pensiero dagli sconvolti monti cercherà approdi nella ragione di altri. Il video breve, che è una delle forme plurime e contaminanti del fare artistico contemporaneo, è qui usato in forma di icastica poiesis, un far dal nulla per dare conto dell’inenarrabile. Protagonista un nastro ectoplasma, per una muta interrogazione alla terrestrità così cara a Renato Serra.
-“Compound forms x Renato” è la terza e ultima sezione.

E’ una installazione in forma di sacello improvvisato e precario nella quale il nastro, fisicamente presente e protetto da un improbabile riparo, è attorniato da quattordici pagine-pietra, illuminate da labili fiammelle, quasi un mandala. I fogli del “Diario personale dal 6 luglio 1915” di Renato Serra. Le sue ultime parole scritte.

Silvano Tontini

Cesena, 10 giugno 2015

PROIEZIONI

Il film ha aperto tutte le serate della rassegna "Cinema al fronte. La Grande Guerra", Cesena, (Fc), 2 luglio-10 agosto 2015

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